Il terrorismo alimentare dilaga.
Uomini e donne si aggirano per il supermercato scrutando e analizzando ogni prodotto alimentare con la meticolosità di Sherlock Holmes, alla ricerca di prodotti dalle etichette consolatorie: “SENZA OLIO DI PALMA”, “NO OGM”, “PRIVO DI COLORANTI AGGIUNTI”. Mettono nel carrello solo quello che si marchia con queste scritte salutistiche e si avviano alla cassa con la fierezza di un gladiatore sapendo di aver combattuto degnamente anche oggi i propri rivali: in questo caso le multinazionali che avveleneranno il mondo. Milioni di persone si informano grazie al gioiello più prezioso, più caro e più importante dei loro stessi parenti: lo smartphone.
Internet ha sempre una risposta e sa dare ad ognuno ciò che cerca.
Ce n’è per tutti:
Insomma nel mondo digitale troviamo davvero ogni genere di informazione. Capire quanto di ciò che leggiamo sia vero oppure no, è tutt’altra storia.
La via semplice non c’è: se parliamo di alimentazione, dieci laureati in scienze della nutrizione vi daranno dieci pareri differenti e probabilmente in perfetta buona fede.
Per non parlare dei blog e dei portali non accademici che postano contenuti senza alcun filtro scientifico o alcuno studio precedente. E non sta a voi esaminare il curriculum di tutti quelli che scrivono su internet, ma potete cercare alcuni segni distintivi:
Pensare che la cura per una malattia terminale si nasconda in una spezia che abbiamo sempre usato (così com’è, e non sintetizzata in sostanze più pure e più potenti) è come credere che la peste sia stata debellata dall’arrivo dei pomodori dal Nuovo Continente o come pensare che bere Coca-Cola, farsi di eroina e masticare un papavero siano la stessa cosa.
Forse non ci siamo evoluti poi tanto da quando immolavamo streghe per aver preparato strani intrugli e scambiavamo per magia reazioni chimico-fisiche.
Personalmente tifo alchimisti contro inquisizione, ricercatori contro credenze popolari e lucidità contro scaramanzia.
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