Il grande boom mediatico che si è scatenato ultimamente attorno al problema “olio di palma”, sembra esser entrato in una fase calante: si è smesso di discuterne in maniera compulsiva e, proprio in questo momento di rinnovato silenzio, ho pensato fosse il caso di scrivere un articolo sull’argomento. Allora vediamo di fare chiarezza su questa tanto chiacchierata, quanto sopravvalutata, tematica.
L’olio, comunemente, si presenta come una miscela di acidi grassi saturi, monoinsaturi e polinsaturi.
Il terrorismo alimentare al quale siamo di continuo sottoposti, si concentra sulla dannosità degli acidi grassi saturi. Sulla questione dobbiamo però fare alcune precisazioni: è l’abuso della sostanza a determinare dei danni.
Non si può certo negare che la dieta occidentale sia sproporzionata, in quanto sbilanciata a favore di un maggior intake di acidi grassi saturi; allo stesso modo non si può far presente che, una dieta eccessiva a favore di queste molecole, può predisporre a problematiche cardiovascolari. Ciò che è altrettanto vero però, è che, anche queste molecole “demonizzate” dal mercato pubblicitario, hanno il loro ruolo all’interno del nostro organismo:
Per esser più chiari, circa il 70% dell’energia necessaria al cuore per un lavoro corretto, deriva proprio dagli acidi grassi a lunga catena come l’acido palmitico, cioè uno dei principali acidi grassi che costituiscono l’olio di palma (44% ca.).
Risulta evidente quindi che, l’olio di palma, se dosato in maniera appropriata, porterebbe anche a dei benefici. Ma, quali sarebbero le dosi corrette da assumere? È sufficiente un rapido calcolo: basti considerare che una persona nella media dovrebbe consumare 0,9 g di lipidi per chilo di peso al giorno e che, il rapporto di acidi grassi in una dieta equilibrata si mantiene attorno al 1:2:1 a favore degli acidi grassi monoinsaturi. A voi i calcoli finali.
L’olio di palma poi contiene anche importanti vitamine, come il B-carotene e la vitamina E: sostituirlo con altre forme di olii, non ha conseguenze positive maggiori sul corpo. Inoltre, proprio la presenza di acidi grassi monoinsaturi e polinsaturi, permettono all’olio di palma di avere effetti benefici, se utilizzato in quantità moderate.
Per concludere, rivolgendomi a tutti gli ipocondriaci (me compreso) sempre alla ricerca di nuove alternative alimentari: ricordate che il problema non è consumare prodotti con olio di palma, ma, al contrario, nell’utilizzo smodato di prodotti confezionati che alzano le quote soprattutto degli acidi grassi saturi.
D’altro canto, non è un caso che l’EFSA abbia pubblicato, nella prima metà del 2016, un’indagine attorno ai rischi provocati dai glicidil-esteri sulla salute umana: sembrerebbe, addirittura, che non esistano livelli di assunzione minimi, raccomandati. Queste sostanze chimiche sono presenti in particolare in tutti gli oli vegetali che vengono raffinati e trattati ad alte temperature, come l’olio di palma. In questo stesso rapporto sono risultate critiche per la somministrazione di tali sostanze, soprattutto le fasce d’età più sensibili (EFSA 2016).
Ma l’olio di palma è quindi dannoso per la salute?
Il dato innegabile è che la popolazione occidentale supera il famoso 10% raccomandato delle calorie totali consigliate, sotto forma di acidi grassi saturi. Quasi tutte le ricerche concordano nel definire un “eccesso di consumo” la causa all’origine dei problemi cardiovascolari e non di consumo moderato.
Questo mio intervento ha dunque una morale: la moderazione e la varietà nell’alimentazione preservano il nostro stato di salute.
Possiamo pertanto assolvere momentaneamente l’olio di palma e ritirare il bollettino rosso su questo tema di cui si è fin troppo discusso.
BIBLIOGRAFIA – REFERENCES: