Scatta l’allerta in tutti i centri fitness, dove gli istruttori e i personal trainer si preparano per gli abbonati di marzo: sì, li si può considerare una vera e propria categoria a parte, che si concentra nelle palestre quattro mesi l’anno per poi scomparire.
Negli spogliatoi delle palestre abbondano le discussioni attorno ai vari metodi di allenamento e sulla veridicità effettiva di molti miti della nutrizione.
Inizia il corteggiamento sfrontato della preda per eccellenza, il cosiddetto “cliente primaverile”, figura chiave per il mantenimento degli affitti delle palestre.
Ed è proprio in questa atmosfera di eccitazione che tutti gli attori recitano una parte, spesso fingendosi e, alla fine convincendosi, di essere i migliori. L’istruttore sa che per fidelizzare il cliente deve contribuire a nutrire innanzitutto il suo bisogno di favola a lieto fine: la promessa di un risultato rapido e indolore, di un fisico da sogno nonostante la routine quotidiana di ufficio-scrivania-casa-poltrona. Una realtà sedentaria che vede il “cliente primaverile” seduto sul suo divano, estasiato dalle immagini pubblicitarie di corpi scolpiti. Quei muscoli, quegli addominali, per quanto realisticamente irraggiungibili, sono il suo pensiero fisso. Allora il personal trainer deve lasciarlo fantasticare. Deve insistere su questo falso mito.
La moderazione non va proprio di moda. O tutto o niente.
Tutti alla ricerca di un guru a cui rimettersi. Dopo il torpore invernale e il letargo aiutato dai maglioni che nascondono i chili di troppo, ora si passa all’azione. Attività predilette? Diete a base di minestrone e mele.
Peccato che la salute non sia come accendere la luce in una stanza, ma che si costruisca negli anni (sì, anni!). Un fisico in forma non risponde all’esigenza di una prova costume o ad allenamenti che rischiano di arrecare più danni che benefici.
Così, la maggior parte dei “clienti primaverili” si avvicina all’obiettivo senza mai raggiungerlo, perché mancano la costanza e la determinazione a supporto di quei momenti dove sembra tutto immobile senza miglioramenti visibili. Altri, invece, decidono di intervenire personalmente sul proprio percorso, rischiando di vanificare i mesi di fatiche, provocando un effetto “yo-yo” che si pagherà negli anni in termini di salute e di aspetto.
L’idea comune di alternare fasi di digiuno all’iperalimentazione è importata direttamente dal mondo della palestra, dove il rispetto di un calendario fatto di gare e l’estrema cura dell’estetica, purtroppo spingono verso programmi di allenamento che non sono sinonimo di salute nel medio-lungo periodo. Gli atleti conducono questi ritmi consapevolmente, ma cosa succede con gli utenti normali? Sarebbe opportuno che qualcuno li tenesse informati. Diete poco variegate, quando non mirate al buon rendimento di una prestazione atletica, non sono così congeniali per chi desidera semplicemente mantenersi in forma.
I personal trainer, quando svolgono il loro ruolo con una certa professionalità, dovrebbero comprendere quanto sia importante informare le persone, ancora prima di allenarle.
La prestazione e la salute non seguono strade necessariamente vicine o sovrapponibili e, anzi, spesso vanno in direzioni diametralmente opposte.