Questo volta non parlerò solo dei personal trainer, ma di alcune riflessioni personali alla luce di alcune esperienze vissute.
Il cammino per diventare competenti in una data materia è data da un sottile mix di conoscenza ed esperienza pratica. Ma questo non basta. Quello che migliora la propria competenza e porta a migliorarsi continuamente è l’analisi meticolosa dei propri risultati. E non sto parlando di risultati positivi, ma di un’analisi meticolosa dei propri errori ricorrenti.
Molte persone sono talmente egocentriche nell’esaltare i propri risultati che perdono di vista cosa la concorrenza stia mettendo in piedi e in cosa si stia formando. Questo aumenta le probabilità di farsi superare nel tempo dai competitor e da tutti quei professionisti che eseguono analisi meticolose del loro operato.
Proprio come la gestione dell’azienda, analizzare e interpretare i propri risultati permette di organizzare un piano competitivo per rimanere attraenti nella curva di domanda della clientela.
L’idea che l’Università sia un requisito importante per acquisire conoscenza è vero, ma bisognerà poi formarsi e aggiornarsi altrove. Perché la conoscenza universitaria è la minima sufficiente per avere un’idea generale di cosa sapere, ma non permette di capire COME utilizzare le informazioni ed erogarle nella maniera migliore. Il dato più lampante di questo è attraverso un’analisi di QUANTI liberi professionisti laureati siano in grado di offrire un servizio differente senza che sia l’omologazione di qualcosa di già visto.
La conoscenza mostra criticità evidenti se non è affiancata da un buona pratica. La chiamerei pratica consapevole. In altre parole non è far passare il tempo con il cliente, ma capire criticamente che tipologia di lezione stiamo fornendo e con quale qualità.
Sono tantissimi i trainer che affermano di avere decine e decine di clienti, ma non raccolgono mai dati e non sanno analizzare i progressi. Perché costa tempo e fatica dopo l’ora di lezione. Tempo e fatica che non sono remunerati nel modo corretto per offrire VERAMENTE un servizio “su misura”. Ed ecco che anche chi decanta anni di esperienza sono professionisti che non hanno mai analizzato dei dati e non hanno riflettuto sulle criticità del loro metodo.
Ci sono personal trainer che identificano la competenza come esperienza pratica. Ma anche quest’ultima senza una solida conoscenza teorica lascia il tempo che trova. Quanti trainer vedete scrivere nero su bianco gli allenamenti per il proprio cliente? Quasi nessuno. Quanti presentano un piano annuale che possa essere da guida per il cliente? Ancora meno. E poco importa se poi il piano annuale verrà o meno modificato e sia indicativo. Si darà periodicamente un aggiornamento dei cambiamenti e del perché si sono intrapresi.
Quando parlo di scrivere allenamenti non intendo schede di allenamento. Parlo di un piano annuale che mostri la riflessione che il proprio preparatore ha pensato appositamente per il cliente.
Il mercato del lavoro nel personal training è saturo di poca contestualizzazione. In parole povere per molti basta “far muovere” il cliente. Questo però denota poca voglia di programmare gli allenamenti per raggiungere un obiettivo specifico (in alcuni casi per mancanza di competenza vera e propria). Questo lo si capisce ancora di più guardando quali sono le materie in molti corsi per personal trainer: comunicazione e vendita. Nessuno che spieghi questi aspetti in relazione ai servizi professionali che l’intera categoria dovrebbe erogare.
La comunicazione deve essere efficace e contestualizzata alla professione che abbiamo scelto e alla nostra clientela di riferimento.
Mi domando spesso come migliorare ulteriormente i servizi offerti. Se ragiono da dove sono partito ci sono stati passi da gigante, ma credo che la strada sia ancora lunga. Un servizio che valga è un servizio disponibile 24/7 per tutto l’anno. Per fare questo sono necessari diversi collaboratori e la disponibilità di essere reperibili anche ad orari “improbabili”.
Inoltre è necessario avere colleghi che vogliano spostarsi con il cliente “in vacanza”, cosa che da soli viene difficile se si hanno clienti diversi.
Analizzo spesso con criticità non solo ciò che faccio, ma anche cosa osservo da diversi colleghi da cui prendo lezioni private. Per molti il personal training diventa un lavoro come un altro, dove pur di passare l’ora di lezione non si eroga alcunché di valore, ma la propria attenzione passa distrattamente tra il proprio cronometro e le proprie notifiche facebook. Mi stupisce sempre vedere colleghi che passano l’ora di lezione con il cellulare in mano (una lezione che feci anni fa con un collega che mi avvertiva solamente sul quando partire tra una serie e la successiva. Una lezione che mi è rimasta impressa, negativamente e che ho riportato nell’articolo “incontri ravvicinati del terzo tipo“). Ancora di più mi stupiscono i trainer che passano tutta l’ora a parlare con chiunque li distragga. Un conto è salutarsi e uno scambio di 5 secondi, ma il cliente privato sta pagando l’ora per avervi a completa disposizione, non per vedervi parlare con terze persone.
Ancora, persone che sono i maestri della comunicazione, ma un libro di allenamento forse l’anno visto di sfuggita una volta, senza interrogarsi se sia il caso o meno di appassionarsi anche di aspetti come l’aggiornamento tecnico. Mi capitò tempo fa di prendere una lezione privata da un trainer che mi confessò di non aggiornarsi da anni perché il mercato della formazione riciclava le solite nozioni trite e ritrite. Al di fuori di essere poco d’accordo con questo aspetto, dipende quali corsi di formazione uno abbia frequentato. Tutti i corsi che frequentai come studente per acquisire delle conoscenze aggiuntive mi hanno lasciato un ricordo più che positivo. Persino i corsi di base mi hanno lasciato un ottimo ricordo, perché nei corsi c’è la possibilità di avere uno scambio dialettico con altri professionisti e anche questo significa CRESCITA PROFESSIONALE.
Inoltre, ogni qual volta mi capita di rileggere un libro i cui contenuti sono noti, in verità ci leggo sempre tra le righe qualcosa di nuovo: una sfumatura che prima non avevo colto (forse per poca esperienza?) che mi fa vedere in maniera diversa una medesima nozione.
E purtroppo sono stati pochi i colleghi in cui ho potuto notare voglia di mettersi in gioco. Quelli sono i professionisti reali della nostra categoria.