La fantasia di chi scrive romanzi mi ha sempre affascinato: un po’ perché la creazione di trame, personaggi e profili psicologici non credo sia semplice; un po’ perché ho sempre invidiato chi è in grado di produrre dei lavori degni di nota, quelli che colpiscono il pubblico, lo fanno innamorare e un po’ anche sognare.
Il nostro lavoro è molto diverso, sebbene alcuni istruttori mettano la stessa fantasia dello scrittore in un mestiere dove la fantasia non dovrebbe esistere.
La nostra è una professione molto concreta. Sarà per questo che invidio la bravura dello scrittore: ci si innamora quasi sempre di ciò che non si possiede.
Programmare un allenamento non è la stessa cosa che scrivere un libro, me ne rendo conto. Bisogna calcolare le variabili che spesso sono incalcolabili per l’eterogeneità umana. Ciò che è più facilmente quantificabile invece, è il rapporto impegno-retribuzione: pensando alle tante sfaccettature di cui noi ci occupiamo, il bilancio si orienta verso la categoria “sottopagati”. No, non parlo di chi lavora senza criterio, ma di chi valuta, studia dei grafici al termine degli allenamenti, sottopone ad esami della composizione corporea e a test funzionali i propri clienti e atleti.
Scriviamo una storia un po’ diversa da quello dello scrittore perché, prendere nota di ciò che facciamo con il cliente, è doveroso e i dati non possiamo inventarli: negli anni i clienti abituali li si conosce talmente bene che le sue esigenze le teniamo con noi al termine della lezione, la portiamo inevitabilmente nelle nostre case.
I dati della persona e i risultati nel tempo vanno scritti, conservati, studiati e ogni giorno bisogna aggiungere un pezzo, non un chilo di bilanciere, ma un tassello di conoscenza che manca: quella parte è fondamentale per scrivere una buona scheda di allenamento, studiata sul soggetto come un sarto cuce un abito su misura.
Ovvio. Lo sappiamo tutti: la scheda di allenamento perfetta non esiste.
Ognuno di noi è diverso.
In studio dietologico questo lo si vede tutti i giorni. Ho il piacere di collaborare con un valido dietologo e ogni volta che lo affianco, imparo qualcosa in più per capire sempre un pezzo di meno. È il dramma di chi inizia a vedere che non esiste solo la nostra “scatola di conoscenze”, ma infinite “scatole”. Per di più ci si accorge che tutti questi frammenti di conoscenza sono interconnessi tra loro (il giallo si infittisce sempre di più).
Nella palestra questo non avviene (non sempre, per fortuna).
Le schede sono scritte in modo frettoloso, senza tener conto di quali caratteristiche specifiche ha l’individuo. Si vedono spesso persone cifotiche a cui viene proposta fin dal primo giorno un lavoro di panca piana, senza l’adeguata preparazione fisica.
E nessun cliente chiede il “perché” sia stata scritta una data cosa: si dà tutto per scontato. O meglio, ci si affida. Si ignora l’inadeguatezza di alcuni istruttori che per effetti farmacologici possono permettersi di spegnere il cervello perché sanno che i clienti rimarranno ammaliati dal loro fisico statuario. A tal punto che, se sulla scheda ci fosse scritto “buttati dalla finestra e diventerai muscoloso”, forse, alcuni lo proverebbero.
Ma allenare non è questo.
Allenare significa studiare il più possibile, anche ciò che molti considerano “inezie”, ma che fanno la differenza tra un istruttore e un altro. Così come la fanno la buona creanza di non consigliare integratori senza sapere chi abbiamo davanti e quali farmaci assume, il buon senso di dire “non è di mia competenza”, piuttosto che diffondere un sacco di sciocchezze. Questi sono solo alcuni esempi.
Tutti prestano attenzione al peso sollevato ancor più che alla persona che hanno al loro fianco. Tutti pensano a nutrire il proprio ego in un lavoro che invece dovrebbe essere destinato alla cura e all’accoglienza del cliente, senza pregiudizi di alcuna natura, specialmente fisica.
Parole come “ciccione”, “secco” o altri termini utilizzati dagli istruttori, dimostrano la poca professionalità per un mestiere che ci siamo scelti. L’obiettivo non dovrebbe esser ammirarsi nello specchio della palestra, ma aiutare gli altri a migliorare.
La stessa svogliatezza mostrata in palestra con lo sguardo spento o fisso sul cellulare si riversa poi in quelle schede di allenamento “fatte a caso”, senza avere alcuna premura di ciò che è stato scritto e di quali siano le conseguenze sulla persona che poi eseguirà quegli esercizi.
Lo scrittore lo invidio: crea i suoi personaggi. Noi, alcuni “personaggi” li vediamo tutti i giorni nel nostro lavoro e purtroppo questo non è un romanzo.