Ogni anno vengono pubblicati migliaia di articoli scientifici (o pseudo tali) di tutti i settori, su riviste di ogni genere: da quelle più importanti e conosciute, sino ai giornalini che si vendono come iper specialistici senza poter vantare alcun riconoscimento effettivo da parte di alcun ente internazionale.
La maggior parte di questi studi riguardano l’ambito della salute e della nutrizione.
Il nutrizionismo è una materia che studia le relazioni tra le diverse molecole contenute nei prodotti alimentari.
Generalmente l’essere umano, di fronte ad un elemento complesso, lo scompone in singole nozioni: nel campo della nutrizione, ad esempio, si tenterà di comprendere gli effetti di carboidrati, proteine e grassi sul corpo umano tramite lo studio dei singoli processi biochimici coinvolti. E così per ogni sostanza.
Si otterrà come risultato una comprensione frammentaria e nozionistica, in cui sfugge la relazione tra i singoli fattori.
Da questo approccio derivano reazioni eccessive rispetto a determinati alimenti: basti pensare ad alcuni anni fa, quando, in seguito alla scoperta sui grassi come causa dell’obesità e delle patologie cardiovascolari nei paesi occidentali, iniziò un consumo massiccio di prodotti con un ridotto apporto di lipidi.
Tuttavia il problema non si risolse, come ben sappiamo, vista la continua crescita di alcune patologie definite “del benessere” come proprio le patologie cardiovascolari.
Questo perché questi disturbi sono da analizzare in maniera meno superficiale: innanzitutto, sappiamo che è l’eccesso di acidi grassi a dare problemi e non il loro consumo moderato.
Un altro caso di questo tipo riguarda la demonizzazione dei carboidrati attraverso campagne pubblicitarie che li sponsorizzavano come la causa principale del sovrappeso e dei principali problemi di salute dei nostri paesi.
Riguardo a questo argomento, ancora una volta, si è riscontrato che una diminuzione dei carboidrati sotto i 150 grammi giornalieri porta ad una diminuzione delle concentrazioni di acqua e una perdita di massa magra.
Risultato? La perdita di peso è assicurata, ma essa non riguarderà la massa grassa.
É giusto quindi precisare: i carboidrati sono essenziali per il funzionamento del cervello.
Il vero problema sta nel consumo smoderato di zuccheri semplici. La scelta di uno zucchero rispetto ad un altro è superflua, perché l’effetto è il medesimo a livello chimico. Si dovrebbe eliminare proprio lo zucchero dalle nostre diete.
Ed eccoci ad uno dei quesiti più sentiti. Quanti pasti consumare durante la giornata?
La risposta secondo gli esperti di sport (molto meno di nutrizione) è di consumare 5-6 pasti al giorno per tenere alto il metabolismo. Nonostante questa credenza diffusa, molti studi si mostrano in disaccordo. Non esiste una risposta certa e non si sa risalire a chi sia stato il primo studioso ad ideare i piccoli spuntini, più volte al dì, per il controllo del peso.
MA QUINDI MEGLIO FARE TANTI PICCOLI PASTI O SINGOLI PASTI ABBONDANTI?
Uno studio del 1989 di Jenkins, pubblicato sul New England Journal of Medicine, sembra aver dimostrato come piccoli spuntini, a basso indice glicemico e ricchi di fibre e distribuiti durante il giorno, rispetto ai classici tre pasti, possano migliorare le concentrazioni totali di colesterolo, di LDL e abbassare la produzione di insulina.
Un’altra ricerca del 2014 pubblicata sul Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America ha dimostrato come alcuni meccanismi del digiuno in animali come la riduzione del cibo introdotto, permettano non soltanto di migliorare le risposte dei sistemi antiossidanti, ma anche di abbassare i processi infiammatori.
Negli individui sottoposti per un paio di giorni settimanali ad una restrizione a 500-600 kcal al giorno, si manifesta una più spiccata sensibilità all’insulina e una migliore mobilizzazione degli acidi grassi come fonte energetica, indipendentemente dal numero di pasti consumati.
Ma i vantaggi non sembrerebbero fermarsi qui: il naturale declino dell’attività mitocondriale presente durante l’invecchiamento può essere rallentata con la restrizione chilocalorica, utile per incentivare la biogenesi mitocondriale: in altri termini il digiuno stimolerebbe l’aumento del numero dei nostri mitocondri. Questo si tradurrebbe in una minor produzione di radicali liberi, incentivando quel processo disinfiammatorio di cui abbiamo già discusso.
Quanto appena affermato è in contraddizione : se è meglio effettuare tanti piccoli pasti, allora l’idea del digiuno dovrebbe essere scartata. Giusto?