Dieta vegana pro e contro. Un articolo che avrei voluto scrivere molto tempo fa, già ai tempi della facoltà di Scienze della Nutrizione. Alcuni anni fa parlare di veganesimo era all’ordine del giorno. Nel web, in particolare sulle pagine dei social network, si consumavano vere e proprie lotte tra vegani, onnivori e vegetariani.
Chi intrapredeva la dieta vegana per una questione etica e chi lo faceva per “moda”. Ma per qualsiasi fosse la ragione, la dieta vegana vantava un ritorno alle origini dell’uomo sottolineando come l’essere umano fosse di origine vegano. Peccato che questa affermazione sia falsa e fuorviante, ma scriverò un altro articolo sui falsi miti del veganesimo.
Le ragioni che convincono gli utenti ad intraprendere una dieta vegana sono essenzialmente tre:
Oggi parliamo dei pro e dei contro della dieta vegana e risponderemo a domande quali: è vero che i vegani hanno un minor rischio di ammalarsi di cancro? Risulta davvero una dieta bilanciata affrontabile per lunghi periodi di tempo?
I vegani sono vegetariani con qualche restrizione aggiuntiva: escludono infatti tutti i prodotti di origine animale. Tra questi anche latte e derivati e uova.
Per anni si è tentato di esaltare la dieta vegana. La televisione ha contribuito ad incentivare un dibattito che andava fermato sul nascere. Il promuovere un regime nutrizionale attraverso continui talk show e discussioni televisive non ha permesso di chiarire realmente i contro di questo regime nutrizionale.
Ricordo però come qualsiasi regime nutrizionale mostri dei pro e dei contro.
Come spesso accade, l’idea che l’opinione di una persona sia uguale all’opinione di un esperto del settore provoca una vittoria di coloro che non sanno e sfavore di coloro che possono mettere in guardia dai pericoli nell’intraprendere una dieta sbilanciata.
La dieta vegana non ha solo dei contro, ma anche dei pro: una dieta ricca di fibre e di alimenti vegetali permette una serie di protezioni all’apparato gastrointestinale e un miglior microbiota. Inoltre si è vista una minor incidenza di patologie del benessere nei vegetariani, tra cui: diabete, patologie cardiovascolari e obesità (Key, Appleby, Rosell 2006). In questo caso però è stato sottolineata una minor incidenza di patologie del benessere nei vegetariani e non nei vegani.
Ultime ricerche hanno invece confermato una minor incidenza dei vegetariani e dei vegani di diverse forme di cancro (Dinu et al. 2017). Ma parrebbe che tale beneficio non sia limitato a loro, ma anche ad onnivori che intraprendono determinate scelte!
Si è infatti notato che coloro che riducono (non eliminano!) il consumo di carne e aumentano il consumo di pesce, riducono di circa il 18% l’incidenza di tutti i tipi di tumore. Come pubblicato sul sito dell’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro, i risultati potrebbero essere influenzati dall’estrazione sociale e culturale di coloro che affrontano questa scelta. Infatti chi opta per un maggior consumo di pesce e un più basso apporto di carni sono solitamente persone del ceto medio-alto, i cui stili di vita incidono profondamente sull’incidenza dei tumori. Per esempio eliminare il fumo e svolgere delle ore di esercizio fisico settimanale, unitamente a quanto appena esposto a livello alimentare, potrebbe essere determinante per ridurre il rischio.
Quello che spinge molti a intraprendere una dieta vegan è il discorso etico ed ecologico. Senza scendere troppo nei dettagli tali vantaggi per l’ambiente sarebbero interessanti già con una dieta vegetariana e pertanto non è indispensabile convertirsi dalla dieta vegetariana a vegana.
Oramai diversi dati hanno reso nota l’aumentata incidenza di contrarre tumori al colon-retto e allo stomaco con un aumentato introito di carni lavorate (insaccati) e rosse (oltre i 300 grammi la settimana). Più nel dettaglio parrebbe che circa il 18-21% dei tumori al colon-retto siano causati da un alto consumo di carni rosse e lavorate.
In tal senso ridurre l’apporto di questi alimenti può risultare essere una scelta sensata. Ma come sempre si invita alla moderazione in tutto e a non estremizzare il ragionamento. Escludere infatti intere categorie alimentari non è auspicabile e potrebbe causare carenze nutrizionali anche serie.
Nonostante diverse premesse doverose, veniamo alla questione più spinosa. La dieta vegana è una dieta bilanciata? Si, ma solo se bilanciata correttamente (come qualsiasi altra dieta). Però spesso le forti limitazioni impediscono di compensare l’esclusione di intere macrocategorie alimentari se non utilizzando anche una buona integrazione alimentare.
Sono diverse le ragioni che portano a pensare che la dieta vegana mostri del criticità. Prima tra tutte abbiamo visto come anche prodotti animali, quali il pesce, esercitino effetti positivi e protettivi per la salute umana.
A tal proposito si è indagato nel corso degli anni se gli omega-3 animali siano equivalenti agli omega-3 vegetali. Sembrerebbe che siano molecole con azioni differenti e mentre le prime sono adatte per la prevenzione di patologie cardiovascolari, non si direbbe ugualmente per le seconde.
Sarebbero meglio in tal senso gli alimenti o l’utilizzo di olio di pesce e integratori alimentari?
Visti i dati a nostra disposizione attendiamo ancora qualche anno per dare una conferma definitiva, ma le ricerche sembrerebbero parlare chiaro: gli oli di pesce (e non il grasso assunto dall’alimento originario) non parrebbero esercitare una protezione per le patologie cardiovascolari (Abdelhamid et al. 2018).
Alcuni esperti citano, erroneamente, che l’alimentazione vegana se correttamente programmata anche con ausilio di integratori, possa essere una dieta affrontabile da tutti.
Purtroppo se bisogna integrare significa che di per sé la dieta in essere non è così bilanciata come appare. Proprio come non penso che una zebra abbia bisogno di un negozio di integratori nella savana per compensare alle carenze. Il suo metabolismo animale, infatti, le conferisce tutti gli enzimi specifici per essere in salute in qualità di erbivoro.
Una ricerca del 2014 condotta su soggetti americani vegetariani e vegani ha fatto emergere come ci sarebbe una minor incidenza di alcune forme di cancro per i soggetti vegetariani e vegani, oltre che protezione da patologie cardiovascolari. In aggiunta i soggetti vegani sembrerebbero avere un’ulteriore protezione per quanto riguarda il diabete e l’ipertensione.
Questa protezione sembrerebbe fornita non dalla dieta in sé, ma dalla tipologia di alimenti consumati nei nostri paesi industrializzati. Infatti una ricerca del medesimo anno ha sottolineato come nei paesi dove la diffusione di cibi fortificati non è così alta come nei paesi occidentali, la dieta vegana potrebbe mettere a rischio la salute cardiovascolare (Woo, Kwok, Celermajer 2014).
Pochi anni addietro, una ricerca pubblicata sull’European Journal of Clinical Nutrition ha comparato le diete di 689 uomini divisi in onnivori, vegetariani e vegani. Si è potuto notare i più bassi livelli di vitamina B12 sierica nei vegani e i più alti livelli di folati, rispetto ai vegetariani e agli onnivori. Metà dei vegani sono stati catalogati clinicamente carenti di vitamina B12.
Quando si parla di “dieta vegana pro e contro” un tema cruciale è l’assunzione di vitamina B12 e vitamina D dagli alimenti. Molti vegan addicted sottolineano come la vitamina B12 venga prodotta dai batteri intestinali e non ci sia una reale necessità di assumere prodotti animali. Purtroppo la quota sintetizzata dal nostro corpo è insufficiente e ha lo scopo di controbilanciare ad una carenza o ad una minor assunzione tramite gli alimenti. Ricordo come questa vitamina sia di origine esclusivamente animale, eccezion fatta per alcune alghe e la soia fermentata.
Per fortuna i vegani dei nostri paesi possono trovate aggiunte di questa vitamina nei cereali della prima colazione (i Kellogg’s ne sono un tipico esempio).
In tal senso quelli che possono pagare il prezzo di una dieta vegana sono i bambini con ritardi nella crescita (Pepper, Black 2011). Ma il problema più grande della carenza di vitamina B12 nei bambini è relativo alle disfunzioni motorie e a ritardi dello sviluppo cognitivo. Una delle conseguenze più serie della carenza di vitamina B12 è l’anemia perniciosa che se non curata tempestivamente può portare a disordini neurologici e, nei casi estremi, a morte.
Sarebbe sbagliato dire che solo i vegani rischiano carenze di vitamina B12. Infatti alcuni individui hanno problemi di assorbimento della vitamina pur con una dieta onnivora.
Un altro fattore che può portare ad alcune carenze è la disponibilità amminoacidica dei prodotti vegetali. Questo punto è stato chiarito già più volte: gli amminoacidi non ha importanza da quale fonte li si prenda, ma il valore biologico può influenzare il corretto sviluppo muscolare e non solo. Parrebbe infatti che non conti solamente la somma degli amminoacidi, ma il loro rapporto. In tal senso le proteine di origine animale possiedono un buon rapporto di aminoacidi essenziali, al contrario di quelle vegetali.
Quando si parla di “dieta vegana pro e contro” si finisce puntualmente sull’indagare se tale dieta sia o meno bilanciata per i soggetti sportivi. Questo tema viene spesso affrontato anche nei corsi di nutrizione e integrazione sportiva.
Il fatto che la dieta vegana abbia trovato terreno fertile negli sportivi è meno preoccupante del resto della popolazione, principalmente per una ragione:
Dietro questa osservazione vi è la soluzione. Gli integratori alimentari garantiscono un pool vitaminico che sopperisce ad eventuali carenze tra cui la vitamina B12, fonti di creatina e vitamina D.
Il vero problema è chi affronta una dieta vegana senza l’ausilio di personale abilitato che possa bilanciare la dieta con l’introduzione di integratori specifici.
Più che la dieta vegana può essere consigliata una dieta vegetariana, molto più bilanciata e meno estrema.
Il consiglio generale è quello di monitorare i dosaggi vitaminici periodicamente per tutti i soggetti vegani e farsi seguire da un esperto abilitato del settore, per evitare carenze che possono mettere a repentaglio la salute.
Nutrizionista Torino: scopri di più
Nutrizionista Milano: scopri di più