Un tema attuale oggigiorno è il tema delle intolleranze alimentari. Una volta si diceva “non digerisco bene questo alimento”. Oggi questa espressione è cambiata in: “sono intollerante”.
Oramai tutti sono intolleranti a qualcosa: chi al proprio vicino di casa e chi invece nei confronti di tutti quegli alimenti che i nostri genitori hanno sempre consumato e che invece noi ci accorgiamo di punto in bianco di non poter assumere serenamente.
Sicuramente la nostra alimentazione, rispetto a quella dei nostri genitori, è cambiata molto (e cambierà ancora): sicuramente la densità e la varietà nutrizionale della nostra dieta (e di riflesso anche la nostra salute) hanno risentito della selezione di poche specie di piante per la produzione su larga scala e dell’utilizzo continuativo dei terreni.
Alcuni confondono i termini di allergia e intolleranza come fossero sinonimi. Entrambe infatti sono tipiche reazioni avverse agli alimenti, ma presentano caratteristiche ben distinte.
Lo stesso antigene (ovvero la sostanza che genera la reazione) può dare infatti disturbi di portata differente. Le allergie sono reazioni importanti da parte del sistema immunitario, indipendenti dalla dose e dalla frequenza di esposizione all’alimento inquisito. Le intolleranze, al contrario, presentano una patogenesi differente: hanno tempi di risposta più lenti (dalle 4 alle 72 ore), sono caratterizzate da sintomi aspecifici e si generano in presenza di una sovra-esposizione all’antigene. Possono essere enzimatiche, come nel caso del favismo e dell’intolleranza al lattosio, e creare non pochi disturbi: dal senso di pesantezza e di gonfiore, diarrea e malassorbimento dei nutrienti (nel caso di carenza di lattasi), sino alla denaturazione dell’emoglobina dei globuli rossi e all’anemia emolitica (nel caso del favismo). Altre tipologie di intolleranze sono definite farmacologiche: ne è un caso quella all’istamina (presente in alcuni prodotti conservati e ottenuta dalla trasformazione dell’istidina da parte di alcuni microrganismi). Altre ancora sono classificate come indefinite: tra queste rientrano alcuni disturbi causati da specifici additivi alimentari che si legano alle proteine.
I test per accertare la presenza di un’ipersensibilità sono ancora poco attendibili, il che è comprensibile vista la gioventù dell’argomento e le molteplici combinazioni e relazioni possibili tra principi attivi degli alimenti e manifestazioni metaboliche aspecifiche.
Uno dei test più diffusi è sicuramente il test citotossico (o Test di Bryan). Esso si basa su un prelievo di sangue e sull’analisi dei leucociti (globuli bianchi) una volta entrati a contatto con i principi attivi degli alimenti sospetti. Purtroppo questo test gode di scarsa riproducibilità, precisione e attendibilità clinica in quanto soggetto all’interpretazione dell’operatore di laboratorio (CPH 1988; Neri, Bargossi, Paoli 2011).
Altri test si basano sull’alterazione della forza muscolare registrata dopo il contatto con diversi antigeni.
Durante il test kinesiologico il soggetto esegue un primo esercizio di forza, dopodiché gli si somministra il principio attivo da testare e si valuta la differenza eventuale in una seconda prova. Non essendoci uno strumento preciso per la valutazione del grado di forza espressa e basandosi anche sull’influenzabilità del paziente e dello stesso operatore, tale test è del tutto fuorviante.
Il Dria Test, simile al test kinesiologico, rileva la forza attraverso un macchinario apposito e pone il paziente in posizioni prestabilite e ripetibili. L’oggettività data dalla strumentazione non riesce comunque a compensare la relatività intrinseca dell’elemento studiato. I fattori che influenzano una minore prestazione di forza in una prova consecutiva ad un’altra sono molteplici, oltre che lapalissiane e pertanto questo test è considerato totalmente casuale.
Altri test, come il Vega-Test utilizzano un apparecchio elettrodiagnostico ed eseguono due rilevamenti separati: uno in assenza dell’allergene e uno in presenza dell’allergene a cui dovrebbe corrispondere una perdita di potenziale elettrico. La possibilità che tale test sia anche solo vagamente attendibile, senza che vengano generati diversi falsi positivi, è quantomeno improbabile. In uno studio del 2005, addirittura, è stato considerato “fuorviante per il paziente” e impossibile da proporre per onestà intellettuale (Neri, Bargossi, Paoli 2011; Wuthrich 2005).
La lista dei test potrebbe continuare fino a scriverne un libro intero, ma purtroppo si arriva quasi sempre alle stesse conclusioni: i test sulle intolleranze necessitano di ulteriori studi e dovranno passare ancora diversi anni prima di avere risultati attendibili per la diagnosi.
Gli unici due test che fanno eccezione e che sono largamente usati quali test medici sono il test per la celiachia mediante un esame del sangue che valuti le anti-transglutaminasi e il test per l’intolleranza al lattosio (il Breath Test).
Ad oggi l’enorme mercato che gira intorno alle intolleranze alimentari pubblicizza con grande forza alimenti privi di alcune componenti, proprio per adeguarsi ad un mercato di intolleranti: a cosa, esattamente, non è dato saperlo vista la scarsa attendibilità dei test di cui abbiamo parlato pocanzi. Ovviamente, inutile specificarlo, tali prodotti sono più costosi degli altri…
Prima di considerarvi intolleranti a qualsiasi alimento, analizzate la dieta che mediamente seguite al giorno, quanto tempo dedicate all’atto del mangiare, che tipologia di alimenti prediligete (se conservati o freschi) e in che modo cuocete gli alimenti.
A volte la causa delle intolleranze è da ricondurre a noi stessi e ad errori che abbiamo perpetuato negli anni. Affidarsi a test che non garantiscono una diagnosi certa e soprattutto forniscono soluzioni provvisorie mediante l’esclusione degli alimenti che si consumano più di sovente non è un indice di efficacia del test.
Tenete inoltre presente che le intolleranze possono modificarsi nel corso della vita e in funzione delle nostre abitudini.
Come sempre, in medio stat virtus: inutile sorprendersi se l’assunzione giornaliera di un litro di latte (così come 500 g di frumento o di pomodoro in tutte le stagioni) da qualche problemino di assorbimento a lungo andare.
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