Il lattosio è uno zucchero presente principalmente nel latte ed è composto da due monosaccaridi, il glucosio e il galattosio.
Tale zucchero viene ridotto ai suoi componenti elementari nell’intestino tenue attraverso un enzima di cui è dotato l’intestino umano, ovvero, la lattasi.[1,2]. Esso si riproduce tramite una costante introduzione di prodotti lattiero caseari nel corso del tempo, sebbene questo non accada indistintamente per tutti gli individui.
Oggi infatti, circa il 75% della popolazione mondiale tende a mostrare un’intolleranza al lattosio e si è riscontrata una sensibile variazione di questo dato a seconda delle zone geografiche prese in analisi: ad esempio in Cina e in Giappone l’80-90% dell’attività lattasica viene meno nei primi 3-4 anni dopo lo svezzamento, al contrario dei paesi nord europei nei quali si riscontra un abbassamento enzimatico a carico della lattasi intorno ai 18-20 anni di età [1].
In Italia una persona su due sembra avere una forma di intolleranza al lattosio, tra lieve e severa. La situazione migliora nelle popolazioni del Centro e Nord Europa, dove gli individui lattasi-persistenti sono la maggioranza.
In rari casi l’intolleranza al lattosio risulta asintomatica, non generando cioè problematiche gastrointestinali evidenti [2]. Altri soggetti tendono a manifestare fin dalla nascita una forma congenita di deficienza lattasica, da non confondere con la deficienza lattasica descritta in questo articolo.
Da ciò si evince che sia le predisposizioni genetiche sia le abitudini alimentari, possono influenzare il grado di produzione della lattasi. I sintomi dovuti ad una carenza di lattasi sono:
Persone intolleranti al lattosio possono mostrare intensità nella sintomatologia molto diverse. Possiamo distinguere tre principali tipi di intolleranza al lattosio:
Si pensa che l’insorgenza di tali sintomi sia legata ad un valore soglia, di circa 12 g di lattosio (equivalente a circa 240 ml di latte), oltre i quali si presenterebbe la sintomatologia appena esposta [3].
Durante i test per valutare una possibile intolleranza al lattosio, si pensa che l’ingestione di circa 25 g di lattosio sia più che sufficiente per diagnosticare un’eventuale carenza dell’enzima, anche se i test a nostra disposizione restano piuttosto imprecisi e con alcune criticità.
Il Breath Test si basa sull’incapacità del corpo di scindere il lattosio, portando così a fenomeni di fermentazione che danno origine a idrogeno, diossido di carbonio e metano, eliminati parzialmente attraverso il respiro. Potrebbe capitare che il test dia un falso negativo, qualora il soggetto fosse stato sottoposto ad una cura antibiotica oppure nel caso in cui il pH del colon risulti acido al punto da inibire l’attività della flora batterica intestinale o nel caso ci fosse stato un adattamento batterico alla continua esposizione del lattosio [2].
La lattasi è un enzima che conosce un andamento variabile nell’arco di una vita: tende ad aumentare durante il terzo trimestre di vita fetale, diventando massima alla conclusione della gravidanza, per poi diminuire gradualmente dai due anni di età. Infine, tra i due e i dodici anni, gli individui possono rientrare in due categorie distinte: vi sono soggetti che sono “lattasi-persistenti”, i quali mantengono i livelli di lattasi della fase neonatale, e altri che sono “lattasi non-persistenti”, ovvero sprovvisti di alte quantità di lattasi che conseguentemente manifestano sintomi da intolleranza [2].
BIBLIOGRAFIA – REFERENCES