Dopo esserci spompati per bene con pesi e allenamento funzionale –ve li siete persi? Niente paura. Cliccando il bottone qui sopra, potete recuperare questa terribile lacuna– passiamo alla sala attrezzi. Non so come siano strutturate le palestre che frequenterete, ma, solitamente, c’è tutto un reparto dedicato ai vari strumenti di satana per tonificarvi al meglio.
Nel posto in cui vado io, è stato traumatico confrontarmi con le numerose proposte che mi bersagliavano con i loro nomi anglofoni. In questo senso, è stato provvidenziale esser indirizzata passo dopo passo dal mio personal trainer. Nel caso non lo abbiate ancora segnato in agenda, contattarne uno almeno per i primi mesi, è una cosa da fare. In questo modo, avrete qualche possibilità di non impiegarci vent’anni a capire come funziona un determinato macchinario e, soprattutto, potrete usarlo al meglio.
Le vostre spalle o il vostro interno coscia, potranno ringraziarvi dell’investimento. Questo perché, esistono dei dispositivi che neppure avrei saputo avvicinare con un bastone, figuriamoci infilarmici dentro con successo.
Il mio primo contatto è avvenuto con le due postazioni per gambe e cosce: la leg extension e la leg curl. Un sacco di leg, un sacco di sforz.
La prima “comodamente” seduta, allungando le gambe in avanti; la seconda, “beatamente” sdraiata in avanti, piegando le ginocchia all’indietro. Il risultato è sempre e comunque, una vaga sensazione di “Oh mio Dio, ora saltano via tutti i legamenti”.
Per questo, non mi stancherò mai di dirlo, è provvidenziale l’intervento del personal trainer, che, durante le sedute progressive, aumenterà gradualmente il carico, per permettere a tutti i non atleti di questo mondo, di tornare letteralmente sulle proprie gambe. Magari più toniche, ma ancora tutte intere. Quando è diventato troppo facile (riformulo: quando è diventato troppo facile?), ci siamo evoluti assieme dentro la temibilissima Press Leg. In italiano, forse, rende meglio la fatica: la Pressa.
Poi ho fatto la conoscenza di quelli che, ancora oggi, amo chiamare “apri e chiudi”: l’abductor machine e l’adductor machine. Hanno un nome che confonde da quanto sono simili, ed è per questo che non potrò mai giurare di distinguerle correttamente. La prima però serve per la parte esterna delle cosce e, la seconda, per l’interno. La loro caratteristica più comune è una fila impressionante di donne, e l’assenza quasi totale di uomini attorno.
Nello scorso articolo infatti, ho fatto la splendida dicendo che anche quella parte deve essere allenata. Ebbene sì. Ci sono praticissimi attrezzi che ci aiutano a raggiungere lo scopo.
Abbiamo cominciato assieme al mio personal trainer, con lo sconfiggere lo sgomento e la perplessità di fronte alla Lat machine. Una macchina che produce latte? Una che ti riduce a lattina? No. Un praticissimo strumento che ti tortura e pare che alleni quella che io chiamo “spazio in mezzo alle scapole” e che pare invece si definisca come gran dorsale. (più tanti altri micropezzetti di noi, che non sono in grado di ripetere).
Per non farlo sentire solo, abbiamo abbinato a questo potentissimo mezzo, anche la deltoid machine.
Infine, addominali: c’è una specie di seggiolino che, a vederlo senza usarlo, mi stava persino simpatico, perché ricordava quelli delle giostre. Ho detto al mio personal trainer: bè ma qua mi diverto.
Si è divertito più lui a vedermi piegata in due. Praticamente, ti fa fare dei crunch accompagnandoli con dei pesi variabili (cosa sono i crunch? Lo scopriremo nella prossima puntata). (Ancora una volta, non si mangiano, nonostante il suono scrocchiante).
Insomma, di cose da fare in palestra, diverse da fare la coda alle macchinette e passare le ore attaccati al cellulare, ce n’è. Io ho nominato solo le cose principali che di solito inserisco nella scheda che è stata pensata e aggiornata appositamente per me. Ma ce ne sarebbero tante altre di cui ancora non mi hanno passato il libretto delle istruzioni.
La chiave è, come sempre, provare senza rompere (né il fisico né attrezzi).