I dolcificanti sono dannosi per la nostra salute? Sono oggetto di dibattito da diversi anni: c’è chi sostiene che siano del tutto innoqui e chi, al contrario, manifesta alcune perplessità nel loro utilizzo e sulla loro ampia diffusione in prodotti dolciari e non solo.
Vediamo di capirci qualcosa in più, grazie ad alcuni studi che sono stati pubblicati su questo argomento.
La risposta è tutt’altro che scontata. Il dibattito interessa diverse figure del mondo accademico scientifico ed esperti in materia, nel tentativo di fare luce su una tematica molto sentita.
I dolcificanti vengono utilizzati nei prodotti per soggetti obesi o diabetici, in quanto acalorici e con un meccanismo che non aumenta la secrezione di insulina, come farebbero gli zuccheri normalmente. Anche nelle bevande zuccherate, in barrette e prodotti da forno si possono trovare alcuni edulcoranti.
L’aumentare dei casi di diabete e obesità ha portato a pensare a sostanze che potessero ridurre l’assunzione di zucchero e al contempo dolcificare le bevande e gli alimenti.
In questo modo si sono diffusi i dolcificanti, sostanze in grado di dolcificare, ma apportare meno calorie del più tradizionale zucchero.
Oggi però sappiamo che ci sono alcuni lati oscuri che interessano il mondo dei dolcificanti.
Una ricerca del 2013 pubblicata su European Endocrinology ha citato non soltanto il perché fossero così tanto diffusi nei prodotti dietetici, ma anche alcuni effetti metabolici “inaspettati” che si sono verificati nei topi.
Tra questi almeno tre effetti degni di nota:
I dolcificanti sono divisi in due principali categorie:
Per molti anni si promosse il fruttosio per tutti i soggetti diabetici, per il suo basso indice glicemico. Il suo assorbimento per diffusione facilitata e il suo ingresso nelle cellule periferiche non mediato dall’insulina, ha fatto credere che potesse essere una valida alternativa al tradizionale “zucchero”.
Peccato che si scoprirono presto gli effetti deleteri di un’introduzione di fruttosio, in sostituzione al glucosio, sull’intestino e anche a livello epatico e del tessuto adiposo.
Parrebbe dimostrata la capacità del fruttosio di aumentare la resistenza insulinica periferica e l’aumento del grasso a livello epatico e viscerale (Stanhope et al. 2009).
Composto | Potere calorico | Codice EFSA |
---|---|---|
Fruttosio | 4 kcal/grammo | – |
Glucosio | 4 kcal/grammo | – |
Saccarosio | 4 kcal/grammo | – |
Sorbitolo | 2,4 kcal/grammo | E420 |
Stevia | 0 | E960 |
Xilitolo | 2,4 kcal/grammo | E967 |
Oltre ai dolcificanti appena visionati, abbiamo anche una serie di dolcificanti artificiali. I due più famosi, sentiti e letti nelle confezioni sono l’acesulfame K e l’aspartame.
Alla stessa stregua di quelli “naturali”, anche questi presentano le medesime problematiche.
Oggi si stanno studiando sempre di più le alterazioni sulla flora batterica intestinale, implicata nella possibilità di andare incontro ad obesità e insulino-resistenza.
Un paper del 2015 ha riportato diversi dati sull’effetto degli edulcoranti per quanto riguarda il gusto e il metabolismo intestinale (Pepino 2015).
Il discorso è molto ampio e complesso e come sempre si trovano in letteratura anche dati discordanti.
Il principio che deve muovere tutti noi è di limitare il più possibile l’introduzione di zucchero e di qualsiasi molecola affine che desideri emulare il suo effetto, dolcificanti compresi.
Nel futuro ci auspichiamo che i dati siano ancora più solidi per poter affermare con certezza i loro limiti di assunzione, i loro effetti sul metabolismo e sulla nostra salute.