Il nome medico-scientifico attribuito alla cellulite è panniculopatia edemato-fibrosclerotica (PEF) che identifica un aumento di volume delle cellule grasse e delle componenti connettive [1]. La gravità di questa condizione è dettata da diversi fattori che spaziano da quelli genetici, ovvero dalla predisposizione individuale a manifestarla, fino a ragioni ambientali, come ad esempio il tipo di dieta seguita, lo stile di vita condotto e la tipologia di attività fisica svolta. Altri fattori che influiscono sullo sviluppo della PEF sono lo stress, la gravidanza, la sedentarietà, l’obesità, l’eccessivo consumo di caffè e alcol, contraccettivi orali, età e genere [1].
Gli estrogeni, in tal senso, sembrerebbero agire a livello di alcuni recettori dedicati presenti nelle cellule endoteliali e nel muscolo liscio, tipico dei vasi sanguigni [4]. Questo spiegherebbe la differente microcircolazione del sesso femminile, in termini di tono e permeabilità. Inoltre, tali recettori estrogenici, sembrerebbero presenti anche a livello degli adipociti, ovvero il grasso, esercitando un’azione sull’ormone responsabile dell’aumento del tessuto adiposo stesso, la lipoprotein lipasi [4]. La classica conformazione femminile, con il tipico accumulo di grasso a livello gluteo-femorale (definita ginoide), sembrano causati dalla presenza di estrogeni, responsabili molto probabilmente del numero di recettori che contrasterebbero il dimagrimento (detti recettori α2 adrenergici) e che influenzerebbero anche la distribuzione del grasso in determinate aree [2]. E’ indubbio che la resistenza del sesso femminile a scendere al di sotto di un determinato quantitativo di grasso possa esser riconducibile a ragioni evolutive: il grasso è indispensabile per lo sviluppo di un possibile feto, oltre che esser sede di produzione degli stessi ormoni sessuali femminili.
I soggetti fortemente in sovrappeso o obesi, tendono a manifestare, indipendentemente dal sesso, un certo livello di cellulite. L’aumento nel volume e nel numero degli adipociti (cioè le cellule grasse), porta ad una compressione a livello dei tessuti, alterando e compromettendo la microcircolazione.
Ancora oggi, l’eziopatogenesi non è ben chiara, sebbene alcuni studi citino anche cause batteriche-infettive all’origine di tale problema [3,4].
In alcuni studi [3,4] si riconduce la cellulite alla formazione di un edema, cioè un aumento dei liquidi interstiziali causato principalmente da un accumulo di alcune sostanze, definite proteoglicani, nella matrice extracellulare. L’edema cronico sembra condurre così a fibrosi. Quest’ultima teoria è quella maggiormente accreditata, specialmente nel mondo cosmetico, dove la creazione di prodotti topici arricchiti di ialuronidasi, hanno lo scopo di esercitare una funzione litica (cioè distruttiva) nei confronti dei proteoglicani [4]. Questi rimedi, per quanto vengano pubblicizzati come realmente efficaci e duraturi, non sembrano oggi una soluzione del tutto valida, in quanto l’eziopatogenesi di questa alterazione sottocutanea sembra essere dettata da un’origine multifattoriale e pertanto ogni individuo meriterebbe di un approccio individualizzato, correggendo in primis due azioni primarie che influiscono sullo stato della forma fisica: l’alimentazione e il grado di attività fisica.
BIBLIOGRAFIA – REFERENCES